Redazione Online
MILANO | Nella lotta tra Uber, l’app che prenota auto con conducente, e i tassisti, Palazzo Marino ha ribadito il proprio schieramento: con le auto bianche, in ferrea osservanza delle normative nazionali. «Le start-up sono le benvenute – affermano gli assessori Marco Granelli e Pierfrancesco Maran –. Ma devono rispettare le regole dei settori nei quali operano e non possono pensare che la soluzione sia mobilitare i loro utenti e testimonial per sanare loro eventuali violazioni».
RIVOLUZIONE UBER | Tutto è cominciato a marzo, quando l’app per smartphone Uber, inventata negli Stati Uniti, ha cominciato a diffondersi tra le persone abituate a usare il taxi a Milano. Il programmino non ha alle spalle una società che gestisce un parco auto, bensì singoli conducenti che quando lavorano si rendono disponibili attraverso l’app stessa. Le auto sono berline di lusso, gli autisti signorili, i prezzi non lontani da quelli dei taxi e il pagamento è con carta di credito. Allora il Comune aveva già reagito una prima volta, chiamato in causa dai tassisti allarmati per la nuova concorrenza. Venivano contestate l’assenza del tassametro e la prassi delle auto di Uber di essere già in giro per Milano, senza partire tutte da una rimessa come invece sarebbe d'obbligo per i veicoli a noleggio con conducente (Ncc). Palazzo Marino metteva nero su bianco l’accusa di concorrenza sleale contro i tassisti.
LA STRETTA DEL COMUNE | L’avviso non sembra aver particolarmente impressionato Uber, ma poi sono iniziate i sequestri della licenza degli autisti da parte degli agenti della polizia locale. La reazione ha quindi preso la strada di una petizione sul noto sito change.org che, a nome dei sottoscrittori, recapita una mail con il sostegno al servizio nella casella del sindaco Giuliano Pisapia. Hanno firmato 2.500 persone. La creazione del profilo Twitter ha fatto subito seguito. La start-up ha già ottenuto qualcosa, nella forma di un incontro Granelli e Maran in agenda settimana prossima. I due assessori hanno però già chiarito la linea che il Comune intende tenere: «Mettersi in regola – si legge – sarebbe un’azione più saggia rispetto a mobilitare i propri utenti per chiederci di non far rispettare le leggi nazionali». Ai precedenti argomenti se ne aggiunge uno nuovo: Uber non è italiana e quindi non paga le tasse nel nostro Paese. La contro petizione di tassisti e loro sostenitori è per ora assestata sulle 500 firme, il profilo Facebook a oltre mille «Mi piace».
Venerdì 7 giugno 2013
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