Mc Donald's e Palazzo Marino, scoppia la pace. «Do ut des» per rinunciare al tribunale

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Milano | dopo la querelle sulla chiusura del locale in galleria vittorio emanuele

Mc Donald's e Palazzo Marino, scoppia la pace
«Do ut des» per rinunciare al tribunale

La multinazionale del fast food si insedia a fianco del Duomo

Redazione Online

Il Mc Donald's della Galleria era aperto da oltre 15 anni
Il Mc Donald's della Galleria era aperto da oltre 15 anni

MILANO | Palazzo Marino mette una pezza al contenzioso sollevato da Mc Donald’s dopo l’allontanamento tutt’altro che chiaro, a modo di vedere della multinazionale, dai centralissimi locali della Galleria Vittorio Emanuele. La giunta Pisapia offre alla catena di fast food gli spazi inutilizzati della galleria Ciro Fontana, a fianco del Duomo.

IL RISTORANTE BRUCIATO | L’accordo viene comunicato dall’assessore alla Casa e al demanio Daniela Benelli. Attualmente la proprietà dell’area è divisa tra pubblico e privati in concessione di diritto di superficie. Ci sono degli uffici comunali e, fino a luglio 2012, il ristorante Ciardi, andato distrutto in un rogo doloso. Mc Donald’s riceverà 129 metri quadri a uso deposito in affitto al canone di 15.480 euro all’anno. Questi spazi sono in un seminterrato. I locali su strada, necessari per un’attività commerciale, vengono garantiti da Ciardi, che ha avviato trattative con la multinazionale per l’affitto dei propri spazi. «Questa operazione – ha commentato Benelli – ci consentirà di mettere a reddito dei locali vuoti e inutilizzati ma, soprattutto, di chiudere un contenzioso aperto nei confronti del Comune».

LA CAUSA SCAMPATA | La delibera prevede infatti che, alla stipula del contratto di affitto dei locali, McDonald’s si impegni ad abbandonare il contenzioso intentato nei confronti dell’amministrazione a seguito dell’abbandono degli spazi in Galleria Vittorio Emanuele. Lo scorso ottobre il bando per quello spazio era stato vinto da Prada ma l’ad di McDonald’s Italia, Roberto Masi, aveva protestato: «Non ci è stata data la possibilità di esercitare la prelazione. In più non abbiamo potuto partecipare all'asta pubblica perché l'oggetto del bando era un'attività a prevalenza tecnologica». Da qui una richiesta di rimborso danni da 24 milioni di euro.

Venerdì 10 maggio 2013

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